Chi subisce atti di bullismo vive una grande sofferenza. Impotenza, rabbia e paura sono emozioni che la vittima si trova a vivere, ogni giorno, a causa di comportamenti offensivi, non rispettosi e/o violenti da parte del bullo e del suo gruppo. Nei casi più gravi le vittime possono produrre una sintomatologia depressiva ed ansiosa, gesti autolesivi, ideazione e tentativi di suicidio.
Il bullismo può essere definito come “…tutte le forme di ripetuta violenza fisica e/o mentale che vengono messe in atto da una persona contro un’altra persona incapace, in quella circostanza, di difendersi…” (Olweus, 1993; Perry et al., 1990); ha tre caratteristiche che lo contraddistinguono: intenzionalità, persistenza, asimmetria di potere; può essere fisico, verbale ed indiretto, quest’ultima forma, diversamente dalle altre, non si rivela in modo così esplicito, piuttosto attraverso prevaricazioni di tipo psicologico come offese e calunnie che tendono ad isolare e ad escludere la vittima dalla vita sociale.
L’incidenza del fenomeno raggiunge il picco di criticità tra i dodici e quindici anni con comportamenti di aggressività fisica a partire dai dieci anni e soprattutto dagli undici e dodici anni mentre tende a diminuire progressivamente verso la fine della scuola superiore.
Il bullismo ha come processo psichico di base la protezione del gruppo, che fa sembrare lecito ciò che non lo è ed offrendo una sorta di approvazione a comportamenti che non verrebbero adottati dalla singola persona.
Il gruppo si costituisce di un leader problematico e da gregari, che si ritagliano questo ruolo per paura di essere bullizzati a loro volta.
Il leader del gruppo – il bullo – è incapace di verbalizzare il suo profondo disagio, le sue paure e piuttosto agisce attaccando ciò che odia e teme. Le conseguenze negative riguardano anche chi mette in atto comportamenti di bullismo. Recenti ricerche infatti hanno messo in evidenza una maggiore probabilità, per bambini e adolescenti bulli, di fare uso di alcol, tabacco e droghe, in età adulta.
Le dimensioni che ha assunto tale fenomeno ci indica, sempre più, il bisogno di intervenire su più fronti: intercettare la sofferenza per offrire uno spazio di ascolto psicologico e attivare comportamenti di prevenzione, in modo prolungato ed intensivo, nelle scuole, in famiglia e tra coetanei.
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